La biodiversità è un aspetto fondamentale per la vita sulla Terra, da cui dipendono la maggior parte delle specie animali e vegetali presenti sul Pianeta, tra cui quella umana. Un sistema strettamente interconnesso e molto fragile, che l’uomo ha smesso di proteggere da molto tempo, sfruttando i terreni con l’agricoltura intensiva, distruggendo gli habitat naturali e ponendo poca attenzione alla salvaguardia degli equilibri degli ecosistemi ambientali come la tutela delle foreste primarie e native.
Una perdita preziosa, che ha contribuito in modo significativo ai cambiamenti climatici, alla diffusione di malattie e alla crescita della povertà nelle zone più disagiate del mondo. Oltre a ciò, la deforestazione e la degradazione degli ambienti naturali stanno mettendo in serio pericolo il benessere e la prosperità delle generazioni future, che non potranno usufruire di numerosi benefici ecologici, sociali, economici e ambientali.
La tutela delle foreste primarie svolge quindi un ruolo di fondamentale importanza e contribuisce in modo significativo al raggiungimento dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che, probabilmente, non riusciranno a invertire la rotta, ma si spera che riescano a rallentare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.
Attualmente le foreste pluviali tropicali ricoprono solamente il 6% della superficie terrestre e gli esperti concordano sul fatto che ben presto si estingueranno completamente per lasciare il posto a coltivazioni estensive, pascoli e immense brughiere. A questo ritmo, si stima che ogni giorno si estinguano circa 100 specie animali e vegetali, a causa della massiccia deforestazione con un grave danno per la biodiversità globale e il futuro stesso del Pianeta.
Dalle foreste dipendono anche molti elementi essenziali per la vita dell’uomo, tra cui il legname, il cibo, i medicinali e le risorse idriche, ma per molte popolazioni rappresentano anche un’importante fonte di sussistenza, perché forniscono protezione e riparo. Inoltre, grazie alle foreste, viene regolata la diffusione di malattie, viene garantita la fertilità del suolo e si mitigano le conseguenze negative dell’effetto serra.
Le foreste vetuste rappresentano in Europa solamente il 2-3% della superficie boschiva e sono molto frammentate su tutto il territorio. Si tratta di aree dove l’intervento umano è assente da molto tempo e gli ecosistemi si sono sviluppati in modo totalmente autonomo e indisturbato. Sono boschi incontaminati, dove la biodiversità continua a svilupparsi, assicurando la corretta regolazione delle acque e dei regimi climatici locali.
Per tutelare questi spazi, gli organismi internazionali, tra cui l’Unione Europea, stanno mettendo in campo diverse azioni, al fine di comprendere la reale diffusione delle aree boschive e provvedere alla loro salvaguardia. Innanzitutto, occorre una mappatura dettagliata attraverso la raccolta di dati specifici, riguardanti le specie arboree e il coinvolgimento di tutte le parti coinvolte nel processo, dai proprietari dei terreni alle autorità locali e regionali.
Per quanto riguarda l’Europa, l’UE ha creato un nuovo sistema informativo allo scopo di migliorare la conoscenza su boschi e foreste. Inoltre, è stata sviluppata una nuova strategia forestale, il cui obiettivo principale è favorire il rimboschimento, il ripristino e la conservazione delle foreste europee, riducendo la percentuale di CO2 in atmosfera, limitando gli incendi boschivi e promuovendo un nuovo tipo di economia, basata sui principi del rispetto ambientale e della sostenibilità.
Alle azioni dell’Unione Europea, si affiancano i progetti di salvaguardia dell’UNESCO che nel 2017 ha creato il sito Patrimonio dell’Umanità “Antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa" che comprende 94 foreste primarie diffuse in gran parte dell’Europa, dai Carpazi all’Italia. Si tratta di uno straordinario esempio di aree forestali antichissime, non antropizzate, che grazie alla grande adattabilità del faggio sono riuscite a sopravvivere, tollerando le più diverse condizioni climatiche e ambientali.
Dal Secondo Dopoguerra, in Italia si è registrata una grande crescita del patrimonio boschivo e forestale, principalmente dovuta all’abbandono dei terreni collinari e montani. Infatti, il territorio italiano è coperto per circa il 40% da boschi e foreste con una composizione molto variegata che va dalle latifoglie alle conifere fino alle pinete nelle zone costiere.
Attualmente, la maggior parte dei boschi italiani viene gestita dagli uomini per ricavarne legna da ardere e sono prevalentemente costituiti da piante giovani, cresciute nel corso degli ultimi decenni.
I boschi vetusti rappresentano una piccola percentuale delle aree boschive italiane, ma rivestono una grande importanza dal punto di vista ambientale e per la ricerca scientifica. Infatti, si tratta di aree boschive da cui l’uomo traeva sostentamento nei tempi passati, ma che da tempo risultano abbandonate a se stesse. Spesso si trovano alberi di grandi dimensioni ben distanziati e piantati in modo abbastanza regolare, che però presentano i segni dell’abbandono, come legname in stato di degrado e tronchi caduti a terra.
Questa particolare situazione, ha favorito lo sviluppo di un ecosistema ricco di vita, in cui sono presenti tutti gli stadi del ciclo biologico. Infatti, le piante ormai prossime alla morte contribuiscono alla crescita delle nuove piantine, fornendo nutrimento prezioso e mantenendo vivo l’intero ecosistema.
Le foreste primarie e vetuste costituiscono l’habitat ideale per molte specie animali, le quali possono trovare rifugio e nutrimento in abbondanza. Inoltre, il suolo risulta ben maturo e fertile, con un’ottima presenza di microorganismi naturali che ne preservano la componente biologica.
Sicuramente, la presenza di queste foreste è di fondamentale importanza e, anzi, dovrebbero essere prese a modello per creare nuovi ecosistemi forestali, che tutelino le specie autoctone e contribuiscano alla crescita della biodiversità.